Shalimar, una dichiarazione d’amore

Può un profumo evocare un amore perduto? Un ricordo, un’emozione così forte da scuotere il cuore? Può un profumo racchiudere la bellezza e la sensualità della donna che si ama? In questo caso, sì.

Era il 1925 quando in occasione dell’Esposizione internazionale di arti decorative a Parigi, al Grand Palais, fu battezzata e premiata una delle fragranze più conosciute al mondo e più apprezzate: Shalimar.

Shalimar fu opera di Jacques Guerlain, che secondo leggenda o secondo poesia (a voi la scelta), per errore versò qualche goccia di Vaniglia nella miscela del già conosciutissimo Jicky di Guerlain. Un po’ fantasiosa vero come interpretazione?

La verità è che volevo portarvi ad esempio questo jus per rendere meglio l’idea di emozione che un composto di aromi può suscitare. Specialmente quando intervengono a suo favore musica, storia e paesi lontani. Sì perché questa favolosa fragranza fu creata sotto ispirazione dell’opera dell’imperatore indiano Shah Jahan, realizzatore  degli splendidi Giardini Shalimar evocando al contempo il ritratto dell’amore per la principessa indiana Mumtaz Mahal, alla quale fu dedicata la costruzione dell’incredibile Taj Mahal; un amore potente e indomabile ed al contempo destinato a trasformarsi in tragedia, poiché la povera Mumtaz morì di parto in età giovanissima.

Guerlain desiderava creare una fragranza che contenesse questo romanticismo esasperato: per renderlo possibile, decise la combinazione tra le note citrine del limone e quelle evocatrici del nerolo, fresche… senza tempo, con le note dolci ed avvolgenti della morbida vaniglia. Le note di fondo sono legnose con fava tonka e pungenti con bergamotto, che donano persistenza al profumo. Shalimar, suggestivo ed intenso al punto giusto troneggia fra le fragranze preferite da sempre dalle donne, è incredibile come un profumo possa regalare emozioni che non si sono vissute ma assaporarle con il naso ad ogni erogazione. Un amore eterno, una fragranza eterna.

Spruzzandolo sulla pelle si ha davvero la sensazione di sentire il calore del sole orientale, la sabbia fra le dita e le lacrime perdute. Insomma è un emozione che non possiamo non permetterci di provare almeno una volta nella vita, e se davvero Jacques Guerlain l’ebbe studiata a perfezione, di non abbandonarla mai.

Il magico e potente Kyphi.

Il profumo regale

Una curiosità storica per il vostro nasino. Una delle fragranze più diffuse e famose nell’antico Egitto da faraoni e regine per le sue qualità benefiche,  seduttive e magiche, era il Kyphi, alcune delle ipotetiche ricette recitano poco più di una decina di ingredienti fino poi ad arrivare a sessanta essenze. Si narra che gli Egizi lo applicassero sui capelli e nelle parti intime per migliorare le proprie capacità seduttive.

Plutarco nell’opera Iside e Osiride ce lo descrive così: “Il kyphi è un profumo composto da sedici materiali: miele, vino, uva passa, cipero, resina, mirra, legno di rosa. Si aggiungono lentisco, bitume, giunco odoroso, pazienza, ginepro, cardamomo e calamo aromatico, ma non con casualità, bensì secondo le formule indicate nei libri sacri“.

In grado di “favorire il sonno, aiutare a fare dei bei sogni, rilassare, spazzare via le preoccupazioni quotidiane, dare un senso di pace.

Un’altra celebre ricetta del Kyphi è riportata dalle iscrizioni della stanza del laboratorio del tempio di Horus a Edfu. Questa costruzione, una delle più antiche e meglio conservate della civiltà egizia, in cui il dio secondo le credenze dell’epoca, aveva combattuto una battaglia. I custodi del culto in quel tempo non rischiarono di trasmettere le segrete informazioni sulla composizione delle fragranze e soprattutto riguardo i rituali sul papiro, troppo fragile, o di affidarle alla sola tradizione orale, ma fecero incidere i dati sulle pareti del tempio.

Il Kyphi è stato ricreato anche ai giorni nostri da alcuni scienziati francesi, come Sandrine Videault, che ha lavorato per anni studiando diverse fonti.

16 sono gli ingredienti originari descritti nelle ricette scolpite sulle mura dei templi di Edfu e Philae, 13 abbastanza certi mentre per 3 rimangono ancora dei forti dubbi sul loro riconoscimento botanico:

  • Storace, resina (Liquidambar officinalis)/ Benzoino,resina (Styrax benzoin)
  • Calamo, rizoma (Calamus aromaticus)
  • Mastic, resina  (Pistacia lentiscus)
  • Pino di Aleppo, resina (Pinus Halepensis)
  • Canfora (Cinnamonum canphora)
  • Gomma arabica (acacia sp.)/Gomma Adragante (Astragalus gummifer)
  • “Asphalatos”, legno-radice (Convulvus scoparium) ?
  • Ginepro, bacche (Juniperus oxycedrus)
  • Galbano, semi-gambi (Chaerophyllum sp.) ?
  • Cipero odoroso, rizoma (Cyperus longus)
  • Uva secca
  • Vino delle oasi ?
  • Vino
  • Olibano, resina (Boswellia sp.)
  • Sciroppo di Datteri/Miele
  • Mirra resina(Commiphora mirrha) *

Pare che addirittura la Regina Cleopatra adorasse questa fragranza, la quale si sa, non vantava una bellezza divina ma in quanto a fascino era insuperabile. Una donna intelligente e soprattutto forte, sfruttare il proprio fascino sapientemente attraverso le profumazioni la rendeva ancora più potente nelle sue scelte. Non poteva fare a meno della mistura più ricercata di tutto l’Egitto. Non facendolo apposta questa donna vantava anche un discreto naso, e con esso poté contribuire a gran parte della storia antica.

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*Grazie per le informazioni sulla  ricetta a http://esperienzeolfattive.blogspot.it/

Annusa, incolla, ama. Odori vintage.

“Era il 1927 quando nacque a Voghera, nella Balma Capoduri & c., la «colla bianca solida da ufficio» al profumo di mandorla che evoca l’ infanzia in ogni adulto. La COCCOINA.”

Come non spendere un post per questa chicca storica? Come non spenderlo soprattutto nel mio angolo di odori evocatori d’immagini e ricordi? Nonostante io faccia parte degli anni ’80 la coccoina è seriamente radicata nella mia mente almeno quanto una persona dei ’60-’70. Si pensi che la potenza di questo prodotto è dovuta nella sua quasi totalità all’odore, è stato costruito sulla base di questo un progetto di Marketing immenso. Chi non conosce la coccoina? Chi non riuscirebbe per un fugace momento a ricostruire l’odore e tutti i ricordi che gli roteano attorno appartenenti all’infanzia? Ve lo dico io: nessuno.

La Coccoina fu un prodotto fondamentale per i bambini degli anni ’60 e ’70, compagna di lunghi pomeriggi passati a incollare figurine, ritagli di riviste o fotografie sui quaderni di scuola.

Ma perchè è diventata un oggetto di culto?

Beh il packaging per l’epoca si presentava attraente, evocativo di un vero e proprio prodotto di bellezza, fu esaltato come tale anche dai manifesti pubblicitari dell’epoca. Coccoina: più di una colla, rappresentava stile e modernità, con un design bello ed essenziale. Più di settanta anni di storia sostenuti da un mini-prodotto semplice, sostenibile e sopratutto atossico: la coccoina è difatti composta a base di destrina di patate diluita in acqua; la pasta che si ottiene mescolando questi ingredienti viene cotta a bagnomaria in grandi caldaie, quindi si aggiungono glicerina e profumo di mandorla. La colla viene «inscatolata» ancora liquida e poi deve decantare per un periodo che oscilla fra il mese e il mese e mezzo prima che sia pronta. Una volta aperta, poi, va consumata entro sei mesi. E per i bambini che desiderano assaggiarla, non c’è alcun pericolo assicurano dall’azienda di Voghera, perchè la Coccoina è COMMESTIBILE.

E’ l’aggiunta di olio di mandorla a donarle quel profumo delicato che tutti ricordano. La maggioranza si esprime dicendo: “Il profumo di quando ero bambina/o”.

La colla era decisamente inutile come prodotto ma i bambini ne andavano pazzi per quel favoloso profumo che finì per diventare indispensabile per più di una generazione!

Ma perchè la Mandorla? Perchè identificare questo prodotto proprio con l’odore di mandorla? Perchè dare una connotazione così forte ad un prodotto con questo profumo?  Presto detto, io ho un mio pensiero al riguardo. Le mandorle sono un ingrediente utilizzatissimo in diverse cucine tradizionali nell’area del Mediterraneo, sono usate sia in cucina che in pasticceria (confetti, biscotti, pasticcini, marzapane). Dunque? Quale bambino non ama dolci, pasticcini o quant’altro? Fare leva sulla dolcezza per conquistare il piccolo pubblico. L’estrema dolcezza dell’odore di mandorla che riporta ai confetti della nonna… è rassicurante, è avvolgente. Per  non parlare di quello che va a smuovere nella mente delle mamme; come ben è noto dalla mandorla viene estratto anche l’olio essenziale di mandorla un olio limpido e inodore che si usa come emolliente per le pelli secche e sensibili. Fantastico non trovate?

Con la Coccoina abbiamo l’ennesima riprova di quanto l’olfatto sia presente neanche troppo velatamente nelle nostre scelte. Di come un odore, anche se non profumo, sia abito di un prodotto che inevitabilmente adremo ad identificare non più per il suo utilizzo o la sua estetica… bensì con il suo ritratto olfattivo. Buone sniffacchiate a tutti!

Goccia a goccia. La distillazione degli oli essenziali.

Let’s talk about… Distillazione, cos’è? Oggi spenderemo qualche interessante riga al riguardo.

distillazióne s. f. [dal lat. destillatio o distillatioonis; v. distillare].

La leggenda narra che essa fu utilizzata per la prima volta in una notte d’inverno, presumibilmente nel Caucaso. Un contadino mise a scaldare vino sul focolare per preparare una bevanda calda; i vapori d’alcohol si diffusero nell’ambiente e inalati. Accortosi del piacevole pizzicore nelle narici, egli decise poi di catturarli. Il primo rudimentale tentativo fu quello di utilizzare si pensa una pelle di pecora tesa sulla pentola per poi strizzarla in un recipiente.

La versione che preferisco sinceramente, è un’altra: nell’ XI secolo Avicenna otteneva olii essenziali con il metodo della distillazione in corrente di vapore.

La distillazione in corrente di vapore è un particolare processo utilizzato nel caso di sostanze termolabili, cioè che si destituiscono a temperature vicine al punto di ebollizione, questo soprattutto nei composti aromatici naturali.

credits to: https://www.lavandadeisibillini.it/produrre-olio-essenziale-di-lavanda/distillazione-in-corrente-di-vapore-della-lavanda/

L’aggiunta dell’acqua o del suo vapore all’interno di una colonna, fa scendere il punto di ebollizione delle sostanze, permettendone la separazione per distillazione appunto. Si può operare anche sottovuoto (ovvero a pressioni minori di 1 atm) se l’acqua non risulta sufficiente. Il prodotto che ne risulta consiste in una miscela di acqua e composti organici, separabili con estrema facilità.

Avicenna fu istruito da un insegnante privato. Da un erbivendolo imparò l’aritmetica e imparò anche da un erudito errante che curava malati. Si dedicò alla medicina a 16 anni, imparò la teoria medica e scoprì nuove metodologie di cura. Divenne effettivamente medico a 18 anni, secondo i suoi biografi a quell’età aveva già assorbito tutte le opere sulla medicina custodite nella grande biblioteca di Bukhara.

Nel X secolo,  Avicenna scoprì come fare a distillare l’Acqua di rose dai petali della rosa centifolia. Nelle sue opere riportò spesso innovative lozioni aromatiche e oli profumati. Non si poteva ancora parlare di soluzioni alcoliche, l’alcol era proibito dal Corano; fu successivamente l’Istituto Superiore delle Scienze di Salerno, circa nell’anno Mille, a sostituire l’olio con l’alcol come eccipiente del profumo.

Ibn Sina, sempre il nostro Avicenna, il suo nome latinizzato è un’alterazione, fu dunque un medico, più di un filosofo, un fisico teorico persiano.

Scrisse circa 450 opere, tuttavia ne sono sopravvissute circa 240.

Da notare sulla distillazione che i Greci utilizzavano in questo procedimento l’àmbix (vaso o coppa provvisti di un piccolo condotto), gli arabi aggiunsero l’articolo e lo strumento divenne al-ambicco (al-ibniq).

I monaci benedettini al seguito delle armate cristiane in Terra Santa, carpirono dai manoscritti arabi i segreti della distillazione. Le scritture trafugate furono tradotte in latino dalscuole di Salerno e Santiago di Compostela e da queste uscirono i primi mastri distillatori (di essenze e non solo). Grazie alle Crociate poi  dall’Oriente giunsero anche nuovi aromi ed essenze.

Non è facile quindi stabilire con certezza la data della prima estrazione con distillazione di quelli che noi denominiamo olii essenziali, le prime servirono ad ottenere l’alcohol da vino, lo spirito del miele fermentato.

Per riprendere le parole che anche Meo Fusciuni* ha utilizzato:

“Distillare non è altro che separare il sottile dal grossolano

e il grossolano dal sottile,

è rendere indistruttibile il fragile e il delicato,

immateriale il concreto, spirituale il corporeo“

Più che chimica, più che esperimento, la distillazione è un arte. Un sacro procedimento che rende l’essenzialità della materia. Una studiata e grande scoperta che ha potuto portare a quelle che sono oggi le nostre composizioni, le fragranze che ogni giorno accompagnano i nostri stati d’animo. Non posso che ritenere affascinante un metodo che durante il passare del tempo è rimasto di principio, lo stesso. Significa che nonostante tutta la nostra corsa all’evoluzione abbiamo comunque un lato nostalgico, una parte di tradizione che risulta impossibile eliminare; ritornando al nostro profumo tutto si lega perfettamente: la gestualità, i procedimenti, l’odorare e l’emozionare.

*Hieronymus Brunschwig,1450 –1512.

Sniffing in the rain. L’odore della pioggia.

Amo la pioggia, lava via le memorie dal marciapiede della vita.

Woody Allen

 

Per quanto ami Woody Allen mi trovo costretta a dissentire in parte dalla sua considerazione sulla pioggia. Idealmente potrebbe anche lavar via le memorie, realisticamente se ci soffermassimo sul suo odore, vedremmo come a poco a poco la nostra mente s’inonderebbe d’immagini e suoni.

Vi sarà sicuramente capitato che in un giorno qualunque con il naso all’insù le prime gocce d’acqua iniziano a scendere, si avverte un odore dolciastro e pungente: gli esperti  riconducono questo fenomeno all’ozono emanato dal fertilizzante dei campi, dagli agenti inquinanti e da altre fonti naturali. Si potrebbe ricondurre tutto alla chimica per la quale all’inizio di un temporale, questo profumo pervade l’aria. Scariche elettriche vanno a dividere le molecole di azoto e ossigeno nell’ atmosfera in singoli atomi. Alcuni di questi vanno a ricombinarsi con il monossido d’azoto che reagisce con altre componenti atmosferiche andando a formare molecole di tre atomi di ossigeno.

Interessante vero? Ma il mix di profumi (o odori sgradevoli, dipende) non finisce qui. La pioggia, cadendo, va ad adagiarsi sulle superfici asciutte e “sveglia” le molecole odorifere che sono lì presenti. In casi fortunati trovandovi nella natura, le molecole  proverranno da piante e fogliame, e ai vostri ricettori olfattivi arriverà profumo di vegetazione. Per chi invece è in città, snifferà particelle di asfalto, cemento… di certo un po’ meno piacevoli e salutari! Questo odore ha un nome scientifico preciso, e qui la voglia dell’uomo di denominare quello che lo affascina, si chiama petricor, termine che descrive la fragranza delle piante che va a depositarsi sul terreno e viene rimessa in circolo nell’aria dalle piogge.

Fatta questa premessa, l’odore di pioggia non è solo una reazione chimica… ma anche una reazione emozionale.  Rappresenta l’incontro di acqua, terra e brezza lontana; è un delicato equilibrio che preannuncia,  è uno dei profumi che il futuro esala al presente… e puntando il naso al cielo sembra di avere appunto un messaggio dalle nuvole. L’odore di pioggia ha un realistico effetto rilassante, riporta alla mente immagini di raccoglimento, di meditazione… aiuta a scandire lo stress e a dissiparlo. Concilia perfettamente la mente e il corpo tanto che ritengo possa stimolare la creatività e il fluire di proponimenti. La natura per qualche istante sembra fermarsi in attesa della carezza dell’acqua. Ed è fantastico pensare come il nostro naso possa essere il primo ed unico ricettore di questo pre-fenomeno.

Una studiosa australiana di antropologia Diana Young, analizzando il comportamento degli aborigeni del deserto occidentale australiano in relazione al fenomeno della pioggia, ha rilevato che le prime precipitazioni costituiscono un importante momento. Per queste popolazioni l’odore della pioggia è legato al verde risveglio della natura: una “sinestesia culturale”. Quando piove questi popoli strofinano il proprio corpo con olii vegetali e grassi animali, un mix di odori che si crede posseggano capacità di protezione, e che simboleggiano la relazione tra l’uomo ed il paesaggio.

E qui volevo portarvi, se gli aborigeni cospargono il proprio corpo di odori naturali che riportano al fenomeno della pioggia, si può palesemente ammettere che anche noi nel nostro quanto-mai-diverso-mondo-occidentale abbiamo fatto numerosi tentativi similari. In profumeria si è cercato e riuscito di ricreare fragranze che rappresentassero odori di pioggia, di acqua, di brezza marina, di salmastro… creare un abito naturale da indossare proprio come poi fanno questi popoli del deserto. Si chiamano note ozonate. Non avrà la stessa valenza simbolica ma è evidente che non siamo poi così diversi, no?

E alla prossima pioggia estiva non dimenticatevi di annusare per bene l’aria!

 

FOCUS SULLE FRAGRANZE ISPIRATE AL MONDO ACQUATICO E  A QUELLO ESTREMAMENTE VERDE DELLA NATURA:

Profumum  Acqua di sale; Aqua Motu di Comptoir Sud Pacifique; Eau d’Italie di Le Sireneuse; A scent by Issey Miyake; Eau de Monteil; Rem di Reminessence; Un Jardin àpres la Mousson di Hermes; le 9 Vie di Bogue

Eau de moi. Il nostro odore.

Siamo così assuefatti dal nostro odore corporeo da ignorarlo completamente, ma il nostro odore è la nostra firma chimica.

Lo sapevate che i nostri abiti rimangono impregnati dalle nostre orme olfattive per cinque anni? Pensare di lasciare una scìa naturale in ogni luogo dove siamo presenti fa riflettere, il mondo è dunque colmo di tutti gli odori dei suoi abitanti è come un cocktail di orme odorose e noi stessi siamo dispensatori di molecole che sanno di noi! Trattasi di un complesso di molecole che si trova sulla superficie delle cellule del corpo umano, assolutamente individuale e che aiuta l’organismo a difendersi dagli attacchi esterni di agenti patogeni. Simili a quelle che gli animali utilizzano per scegliere i loro compagni.  Per la prima volta, un gruppo di biologi tedeschi ha dimostrato che, attraverso analisi di risonanza magnetica funzionale, il nostro cerebro è in grado di riconoscere l’odore della propria pelle, distinguendolo dagli odori degli altri individui, in base alla combinazione di un particolare insieme di proteine: l’Mhc (Complesso Maggiore di Istocompatibilità).

E qui ritorniamo al discorso delle famose “NR – Nose Relations” (Se non lo avete fatto vi consiglio di leggere il post): meccanismi che influenzano l’olfatto nelle nostre preferenze sociali e sessuali;  da uno studio pubblicato qualche mese fa su Proceedings of the Royal Society B, è emerso che  si preferisce indossare un profumo similare al quello naturale emesso dal proprio corpo, sugli altri si tende invece alla ricerca della diversità, come dimostrato da uno studio del 1995,  lo Sweaty T-shirt study (Studio della T-shirt sudata),  molte delle donne che annusavano alcune magliette indossate per due giorni da uomini differenti, privilegiavano l’odore di quelli con molecole MHC diverse dalle proprie.  Mentre esse inspiravano gli odori, venivano scattate “fotografie” al cervello tramite risonanza. Quest’analisi ha valutato l’attività di aree cerebrali selezionate che venivano sollecitate dall’inalazione dei profumi. E’ quindi emerso che che c’è una nettissima differenza nella risposta tra lo stimolo olfattivo che contiene le molecole proprie e quello che non le contiene. E c’è una peculiare area del cervello che viene “attivata” soltanto dalle molecole medesime alle proprie. Incredibile!

Quando si dice… “Andare a naso” non si va poi tanto lontano da quella che è l’effettiva realtà dei fatti allora. Se nel nostro linguaggio occidentale quello che effettivamente manca è un vocabolario olfattivo per indicare gli odori che cogliamo, ci pensa in buona parte l’istinto. Questo mi fa riflettere su di un punto: tutto è materia olfattiva, lo siamo noi, la natura che ci circonda, gli animali, perfino gli oggetti… tutti facciamo parte di un disegno odoroso e ne emerge un’architettura incosciente profondissima. Per questo è così difficile, se non impossibile a volte, descrivere quello che annusiamo. Il nostro cervello registra l’odore ma lo etichetta come “inclassificabile” per via della nostra preferenza visivo-acustica.

Ci mancano le parole per descrivere ciò che sentiamo, il nostro corpo però in armonia con l’Universo intero agisce spontaneamente in maniera inconscia e crea collegamenti inaspettati… ma tutto è un quadro di profumi e noi siamo ogni singolo colore annusabile che compone il mondo.

E poi, arrivò il BENZOINO

A partire dal mese di maggio e fino ad agosto, tramite una mannaia detta anche “parang”, vengono praticate piccole e profonde incisioni nella corteccia dell’arbusto Styrax benzoin . L’albero, che non ha un proprio sistema di secrezione e che normalmente non produce resina, a causa di queste ferite per il trauma vissuto, produce un liquido di colore del miele, che si solidifica in grani appena sfiora l’aria, chiamati “lacrime”. Solo quando questa sostanza sarà indurita, si potrà raccogliere il Benzoino tramite appositi strumenti.

Da migliaia di anni viene impiegato in Oriente come medicinale o come incenso, si pensava che le fumigazioni di benzoino allontanassero gli spiriti malvagi… in Occidente invece veniva usata come rimedio ai disturbi respiratori. Oggi in tutto il mondo il Benzoino trova la sua massima espressione artistica nella profumeria, la sua tintura alcoholica è un insostituibile solvente e la sua essenzialità è una persistente nota di fondo che aiuta a fissare sulla pelle i vari aromi cingendoli a se e rilasciandoli lentamente come fossero perle di serenità. Il Benzoino entra a far parte delle nostre vite, della nostra quotidianità, dei nostri profumi ogni giorno con discrezione. Discreto come le lacrime che la corteccia del suo albero fa scivolare poco a poco. Oltre stimolare la sensualità, il profumo del benzoino ha in effetti un’azione rasserenante sulla psiche ed è utile nei momenti di tristezza e angoscia.

Quando ho iniziato a fare ricerche su questa meravigliosa essenza mi sono resa subito conto della sua estrema versatilità. Agente di fragranza, fissativo in profumeria e cosmetica e addirittura con mia totale sorpresa scoprire che fa parte anche di miscele di Tea che adoro mi ha decisamente illuminata su questa meraviglia della natura. Fa parte dell’Universo sussurrandosi.

Esistono poi, due qualità diverse di Benzoino, quello del Siam con lacrime frangibili e pungenti, è la varietà più rara e preziosa; di colore giallo con sfumature più ambrate e odore finissimo e il Benzoino di Sumatra: grigiastro e dall’aspetto zuccherino, meno pregiato il cui aroma è meno acuminato e le lacrime estremamente grossolane e mandorliformi.

 

L’odore di benzoino è caldo, rilassante… il suo sentore vanigliato ed il suo sentire d’ovatta ci fanno ricordare la dolcezza che spesso soffochiamo. Quest’essenza che nasce dalle lacrime culmina in un sorriso. Come si armonizza con tutte le altre note, come rasserena il nostro spirito, come ci porta alla mente immagini dell’infanzia fa sperare che ci sia in ogni momento, in ogni persona, in ogni dolore una parte d’improbabile dolcezza.

10 gocce di olio essenziale di Benzoino nell’acqua, quindi immergersi nella vasca da bagno per 10 minuti per stimolare la circolazione sanguigna, scaldare il corpo, sciogliere conseguentemente le tensioni e aprire il naso.

ASSAGGI DI BENZOINO:

Acqua di Parma Colonia intensa; Amouage Interlude Woman; Amber nude di Atelier Cologne; Havana Vanille de L’Artisan Parfumeur; Avant Garde di Lanvin; L’Ile Bleu de Manuel Canovas; Chypre Rouge di Serge Lutens; Ombre Mercure de Terry de Gunzburg

ORO LIQUIDO: il legno di Sandalo

“Il profumo dei fiori non va controvento, non quello di sandalo, tagara, o gelsomino; il profumo dei buoni va controvento, in tutti i sensi lo effonde il virtuoso.”

Gautama Buddha.

Un tempo gli alberi venivano abbattuti e le loro radici, i loro rami, tagliati via. Le termiti per mesi mangiavano l’alburno di tronchi ammassati a lungo, scoprendone così il legno odoroso che commercialmente era l’unica parte utile. Per fortuna oggi le termiti sono state eliminate, data la rarità del prodotto ora l’olio essenziale è ottenuto tramite distillazione del cuore del legno polverizzato ed essiccato e le radici dell’albero stesso.

Si, stiamo parlando di Legno di Sandalo.

Benché questa essenza sia legata all’Oriente ed evochi immagini di templi cinesi o indù immersi nei fumi dell’incenso, il legno di sandalo spinge nella regione indo-pacifica.

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Essendo minuto, questo albero è difficile da identificare anche dalla popolazione limitrofa. L’essenza del legno di sandalo chiamato a volte “Oro liquido” è un olio prezioso utilizzatissimo in profumeria e nella cosmesi, si tratta di una materia prima fra le più antiche e popolari e la sua comparsa nella profumeria è avvenuta solo nell’ultimo secolo a quanto pare.  L’albero di sandalo inoltre ha avuto un ruolo principe nei riti religiosi indù e buddisti.

Il profumo del legno di Sandalo in quanto a misticismo è al pari del muschio e dell’ambra: il suo nome è universale ma è talmente raro e prezioso che la maggiore parte delle persone ha potuto sentirne solamente i ritratti chimici che le aziende realizzano per i poco costosi prodotti di massa.

Una delle caratteristiche fondamentali del profumo di sandalo è l’effetto che provoca nella sfera emotivo-psichica.

Si parla di una fragranza legno-resinosa di una tale corposità da essere paragonata solo all’ambra grigia. Il suo profumo, particolarmente persistente, è di lindore spirituale. Nel Buddhismo porgere essenze di zafferano o legno di sandalo rappresenta uno stato gioioso e di perseveranza che si ha. Attraverso queste qualità si sviluppano tutte le altre dell’illuminazione; offrire l’acqua per lavare i piedi mescolata, con il sandalo, e’ usata come offerta per il lavaggio dei piedi degli esseri illuminati. Questo equivale simbolicamente a fare pulizia della nostra mente.

È profumo fondamentale della profumeria tradizionale che va in accordo con aromi fioriti prestando loro equilibrio. L’aroma del fiore o più fiori rappresenta la parte eterea e leggera delle emozioni umane, quasi evanescente e necessita quindi un bilanciamento con un aroma più “terreno”.  Il legno di sandalo lega il chakra della base con quello della corona, primo e ultimo, quindi crea equilibrio tra tutti quelli intermedi. Per questo è considerato valido di trasformare la sessualità in un’esperienza spirituale ed è usato soprattutto nell’arte del tantra. L’odore, l’essenza del Sandalo conduce ad una ricerca interiore. Con il suo profumo balsamico il sandalo rientra tra quegli aromi che posseggono quella ricchezza e quel calore avvolgente che chiudendo gli occhi sembra quasi di poter visualizzare la nostra anima. Dire spirituale forse non è sufficiente per questo aroma pieno di sfumature e legato profondamente a qualcosa di mistico e antico. Annusando il legno di sandalo ci si sente immediatamente trasportati in una realtà che supera lo spirituale, pur non conoscendone la storia o gli usi ufficiali.

 

È un aroma che ritroviamo spessissimo nelle note di fondo di molte fragranze e che si lega benissimo come dicevo a note fiorite, presenti a loro volta principalmente nelle note di cuore, dandone stabilità e persistenza. Parliamo quindi di un’essenza che fissa le note con cui si armonizza, creando una splendida magia tra gli aromi che entreranno a contatto poi, con la pelle di chi indossa il profumo.

Indossando il legno di sandalo ci regaliamo un viaggio interiore senza fine, ci avvolge costantemente in un’aura di serenità intoccabile o meditativa. Ci concediamo un angolo di riflessione emozionale tutto nostro. Infatti io consiglio sempre di non abusarne; quotidianamente perderebbe il suo fascino a mio parere. Deve integrarsi  alla nostra pelle quando necessitiamo di raccoglimento.

 

FOCUS SULLE FRAGRANZE CHE CONTENGONO LEGNO DI SANDALO:

24, Faubourg Walk in the Park di Hermes; Amouage interlude Man/ Woman; Le Mimosa di  Annick Goutal; Un matin d’orage di Annick Goutal; Anse Tourquoise di Manuel Canovas; Arpège pour Homme de Lanvin; Orange sanguine de Atelier Cologne; Coco Noir de Chanel; Original Santal di Creed; Profumo A di Culti; Vintage Gardenia di Jo Malone; Al Oudh de l’Artisan Parfumeur; Rosamunda di Laboratorio Olfattivo; Le parfum de Lalique; Josephine de Rancé

Naso, naso delle mie brame

…come distinguere un profumo tra il ciarpame?

O meglio… indovina indovinello cos’arriverà per primo al mio cervello??

Questo piccolo delirio come incipit non è, come evidentemente potrebbe apparire, un vaneggiamento e basta, è molto di più. È frutto di un attimo di folle riflessione che mi affligge tutte le volte che entro in una qualsiasi profumeria, o quando sfoglio una rivista, o quando sento parlare tante persone. Chiamasi scheggia riflessiva. (Ve la ricordate no? la scheggia già citata nel mio post “Effetto Dior Homme”) Un attimo di malignità che mi concedo di tanto in tanto quando qualcosa mi disgusta profondamente, oppure quando si parla di ricolo. Ora mi spiego meglio spiegandovi il folle esordio (scusate il gioco di parole):

Naso, naso delle mie brame… –> la nostra vanità alle volte supera l’istintualità.

…come distinguere un profumo tra il ciarpame? –> è palese che siamo circondati da prodotti scadenti o per lo meno sopravvalutati

indovina indovinello cos’arriverà per primo al mio cervello? –> cosa ci spinge ad acquistare e perché ne esce quasi sempre il vincitore la parte errata di noi stessi

È il cuore che deve amare… perché è l’emozione che dovremmo ricercare in tutto questo, non solo quella che probabilmente scambiamo con l’euforia del momento, quella vera… quella che invade lo spirito intendo. Il cervello aiuterà a completare… attraverso i ricordi, attraverso l’elaborazioni d’immagini frammentarie, un respiro mistico e cerebrale e la decisione finale dell’acquistare.

Cos’è che ci manda fuori strada? La pubblicità? Il marketing non convenzionale? La società in cui viviamo? Sì, un minestrone di tutto questo. Non si fa altro che parlare di grandi gruppi, di brand, licenze di vendita, industrie chimiche… si si va bene, tutto questo è necessario è fuor dubbio ma a mio parere è l’approccio che si ha, gli effetti che si ottengono post- acquisto compulsivo quello che va a danneggiare il nostro vero rapporto con una fragranza. Non c’è ricerca, non c’è cura nella selezione… solo un blando istinto shopaholico dato nella maggioranza dei casi da un’ADV vista 10 minuti prima nella sala d’attesa del dentista. Non c’è personalità qui, non c’è un vero legame, non c’è un vero e proprio motivo-emotivo che ci spinge verso un bouquet fiorito… o piuttosto verso un legno.

I media agiscono subdolamente, i gruppi finanziari acquistano brand di fragranze per motivi a 6 o più cifre, noi non abbiamo neanche 10 minuti in più o qualche visita in più per scegliere l’odore che più si adatta alla nostra pelle…. allora? Vogliamo sminuire un momento così intimo?

A volte immagino le essenze come forme vive, non per forza animali o umane… ma forme vive che vibrano nell’aria che producono calore o altro. Il mondo è una risorsa immensa di aromi, potremmo sfruttarlo ogni singolo respiro.

Scritto questo… per scegliere una fragranza oltre che ad essere curiosi, vi consiglio di spruzzare due volte una mouillette, aspettare 15-20 secondi prima di annusare, chiudete gli occhi ed inspirate lentamente con le labbra socchiuse. Se questa fragranza vi attrae spruzzatene sulla pelle ed uscite dal negozio, dovete tornare a casa inspirando ad intervalli di tempo quello che c’è sulla vostra pelle. Se vi piacerà come si trasformerà, sarà lei la vostra fragranza. Altrimenti dedicate una seconda, una terza visita… o anche più. Un altro suggerimento che potrei dare è quello di essere aperti anche ad aromi che  possono non esservi piaciuti in passato, appunto perchè si tratta di passato… potrebbe il presente essere diverso come voi anche per loro.

LO STRANO C(N)ASO DI HELEN KELLER

“Le cose migliori e piu belle del mondo non possono essere viste e nemmeno toccate. Bisogna sentirle con il cuore.”

Diceva così Helen Keller, la donna scrittrice, attivista e insegnante americana che all’età di 19 mesi divenne sordo-cieca a seguito di una malattia. Vi porto l’esempio di questa strabiliante donna perché tralasciando per un attimo la variabilità dell’olfatto individuale e le cause che possono diminuirne o eliminarne del tutto la funzione, esistono poi dei particolari casi di ultra-sensibilità, quei casi in cui si parla di veri e propri geni del naso che non necessariamente lo sono per percorsi di studio o professionali ma per cause naturali o, come nel caso di Helen Keller, di disgrazie che portano ad incredibili soluzioni di vita.

Helen Keller nei suoi diari dedica moltissime righe descrivendo minuziosamente le sue esperienze olfattive da persona sordo-cieca e come questo uso del senso dell’olfatto nella sua vita diventi come non mai indispensabile, come se tutti i suoi sensi si fossero trasformati ed incanalati nel suo naso. Il suo naso poteva vedere, sentire, parlare, odorare e gustare. Lei riusciva attraverso la comunicazione col suo naso ormai affinatissimo ad identificare le persone, a tracciarne un profilo psicologico e perfino a capire che tipo di lavoro svolgessero. Aveva imparato a pensare annusando il mondo; privata degli altri sensi aveva amplificato all’impossibile quello dell’olfatto… riusciva a percepire cambiamenti metereologici e tutte le sfumature della realtà che la circondava, ogni odore per lei corrispondeva ad una lettera o una parola che le raccontava tutto quello che esisteva. L’olfatto assieme al tatto ed il gusto scaturivano in lei una capacità incredibile di riuscire a concepire persino i colori, sapeva scindere un colore dall’altro attraverso l’uso e la collaborazione all’unisono dei sensi; anche nel sonno Helen aveva piena consapevolezza di odori e colori e sapori “Negli odori e nei sapori vi sono qualità non abbastanza distinte per essere fondamentali” ecco perchè le chiamava così sfumature olfattive.

A prescindere dunque dal sesso (le donne sono sensibilmente più portate all’uso del naso),  uso di sostanze nocive (alcohol, tabacco e droghe), stato di salute generale e considerazioni di antropologia sensoriale la capacità e la variabilità dell’olfatto umano sono dunque estremamente vasti e pieni d’eccezioni. Esistono persone nelle quali la sensibilità all’olfatto è di gran lunga superiore alla norma per una serie infinita di ragioni, in questo caso nei ciechi questo senso diventa assieme al tatto il privilegiato, queste persone non appartengono alla già citata società visivo-acustica ma a quella nicchia esperienziale che privilegia la collaborazione dei due sensi più misteriosi e più incontrollabili che possediamo. Allenano il naso fino a farlo diventare ogni ragione di movimento, di scelta, di orientamento, perfino di sicurezza… si può parlare anche in questo caso di “vedere la realtà”? La mia risposta come potete leggere è implicita.